lunedì 4 marzo 2013

Un caffè con: Emma K.Clarke autrice di Petali di Sangue



Ciao Emma, benvenuta nelle Terre di Arret
Grazie mille per l’ospitalità! Sono molto felice di approdare di nuovo su questo bel blog.
-          Sul mio blog i lettori hanno già avuto modo di conoscere Petali di sangue. Ci vuoi raccontare come è nata l’idea di scriverlo?

Ho iniziato a scrivere “Petali di sangue” per puro senso di evasione. Leggendolo, avrai notato che il primo capitolo è ambientato durante la notte di Halloween che è anche il giorno del mio compleanno. Non ti so dire per certo quale sia stata l’associazione d’idee del momento, ma pensando a quel giorno e alla festa che si organizza in America, ho iniziato a descrivere  un cimitero nella sua perfetta immutabilità notturna. Il resto è venuto da sé, personaggi compresi. Quando inizio a scrivere qualcosa, non lo progetto a tavolino. Lascio che le idee scorrano almeno per le prime pagine. Dopo prendo tutto fra le mani e cerco di ricavarne un senso logico.
Questo è ciò che è successo scrivendo il libro.

-          C’è qualcosa di realistico di te? Per Per esempio qualche personaggio al quale hai dato parti del tuo carattere …

Azzarderei dire che entrambi i personaggi principali hanno parti del mio carattere. Giosy è orgogliosa e restia alla fiducia apparentemente, ma in fondo è solo una maschera che usa per nascondere un bisogno quasi soverchiante d’affetto. Carter invece dovrebbe essere la pedina più forte del romanzo, invece è una delle più deboli perché sa cosa vuole dalla propria vita e si abbasserebbe a far qualsiasi cosa pur d’averla, anche rinnegare ciò che è realmente. Forse ho dato loro più difetti che pregi di me stessa e me ne accorgo mentre ne parlo con te.

-          Abbiamo già parlato insieme di quanto Carter sia un vampiro un po’ “anomalo”.  Ci vuoi raccontare quando e come è nato il suo personaggio?

Ho scritto questo romanzo circa due anni fa, quindi mi è un po’ difficile dirti com’è nato realmente Carter. All’inizio volevo fosse una figura misteriosa, il classico cattivo ma buono della situazione. Poi credo di essermi fatta trasportare un po’ troppo dal personaggio e ho lasciato che mentalmente si aprisse. Non sono convinta che sia stato un errore, ma mi accorgo di averlo fatto involontariamente. Volevo che rispecchiasse un ideale maschile, ma forse lo sbaglio è stato nel dare questo tipo di carattere proprio a un vampiro, una creatura ancora ammantata di oscurità.

-          Personalmente mi ha colpito molto la parte riguardante la caccia alla streghe.  C’è dietro un lavoro di documentazione?

Si, mi sono informata un “pochino” prima di scrivere quella parte del libro. E’ un argomento che mi ha sempre appassionato e volevo dargli la giusta importanza. Non riesco ancora a capacitarmi del fatto che l’umanità ha compiuto orrori simili per secoli e secoli. Nel mio libro c’è una parte precisa in cui descrivo cosa erano costrette a subire queste povere donne accusate di stregoneria e quella è stata la parte più difficile per me, soprattutto perché è stata descritta in prima persona ed è difficile pensare in prima persona a orrori simili quando sono così distanti dal proprio vivere.

-          Quali saranno i tuoi progetti futuri?

Ne ho così tanti…
Tanto per cominciare la seconda stesura di un romanzo cui sono particolarmente affezionata perché è stato il primo a “venire alla luce”. A causa della forma grezza e dello stile ho preferito riscriverlo: la sfida più grande della mia vita. Ero fiduciosa di poterlo pubblicare entro estate, ma confesso di essere stata rapita da un’altra storia e da altre parole.  Diciamo che in cantiere ci sono tante idee, tanti scritti e che preferisco essere più precisa riguardo al loro futuro quando li avrò completati. Oltretutto la maggior parte dei lettori desidera un continuato di “Petali di sangue”, libro che inizialmente era nato come auto conclusivo… vedremo cosa uscirà da questa mente confusa.

Se un’autrice Self. Vuoi raccontarmi la tua esperienza? Che consiglio daresti agli autori emergenti?

L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di non smettere mai di sperare e di sognare. Auto-pubblicarsi è una scelta, non un arrivo. Continuerò a ritentare con le case editrici e non perché credo sia stato un errore quello del self publishing, ma semplicemente perché mi accorgo quanto sia difficile essere “nessuno” in un mondo in cui la pubblicità è tutto.
Personalmente credo sia stata un’esperienza gratificante, ma anche complicata. All’inizio c’è l’ottimismo, la carica del volersi mettere in gioco. Più il tempo passa, più ci si accorge che servono idee sempre nuove per pubblicizzarsi, per attirare l’attenzione del lettore. Ci si accorge che con una casa editrice seria alle spalle sarebbe tutto molto più semplice, dall’editing alla creazione della copertina stessa. Io sono orgogliosa di aver intrapreso questa strada perché mi sono resa conto dei miei limiti e di quello che invece posso fare senza problemi.
Magari in futuro ripeterò l’esperienza dell’auto-pubblicazione, ma non smetterò mai di sognare. In quest’ unico caso sono a favore di “Cenerentola”: lei ha trovato il principe azzurro, io spero in una casa editrice.
Grazie Emma per essere stata in nostra compagnia ^_^ . Ci vediamo al prossimo appuntamento.

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