domenica 7 aprile 2013

RECENSIONE: Albion di Bianca Marconero

Titolo: Albion
Autrice: Bianca Marconero
Editore: Limited Editon Books
Pagine: 479 (sul kindle Amazon)
Prezzo cartaceo: 14,90 euro
Prezzo ebook: 2.99 euro

SINOSSI

Cresciuto senza madre, e dopo aver perduto il fratello maggiore – morto in circostanze misteriose –, nel giorno del funerale dell’amatissimo nonno, Marco Cinquedraghi riceve la notizia che gli cambierà la vita: deve lasciare Roma e partire per la Svizzera. È infatti giunto il momento di iscriversi all’Albion College, la scuola in cui, da sempre, si diplomano i membri della sua famiglia. Ma il blasonato collegio riserva molte sorprese. Tra duelli di spade e lezioni di filologia romanza, mistici poteri che riaffiorano e verità sepolte dal tempo che riemergono, Marco scoprirà il valore dell’amicizia e capirà che l’amore, quello vero, non si ottiene senza sacrificio. Nelle trame ordite dal più grande dei maghi e nell’eco di un amore indimenticabile si ridestano legami immortali, scritti nel sangue. Fino all’epilogo, tra le mura di un’antica abbazia, dove Marco conoscerà la strada che le stelle hanno in serbo per lui. Il destino di un re il cui nome è leggenda.


Voto iniziale 4.5 draghi passati a ben 5 per motivi espressi in fondo!



IL MIO PARERE PERSONALE

Erano un po’ di giorni che mi saltava all’occhio questo libro con copertina bianca. Mi aveva colpito la scritta “Limited Edition” che pensavo si riferisse al libro “in edizione limitata” (di prezzo presupponevo), invece era la casa editrice (che esordisce proprio con questo libro). =_=  Poi lo sguardo del ragazzo in copertina sembrava mi dicesse “leggimi, leggimi”. Potevo non dare retta a quegli occhioni verdi?
Stavolta il detto “vai dove ti porta il cuore” è proprio appropriato: infatti il libro mi è piaciuto molto, in numerosi aspetti.
Innanzitutto è stata una vera sorpresa la trama (non avevo letto recensioni e per la prima volta neanche la sinossi (ve l’ho detto che è stato un acquisto d’istinto)). Pensavo che Albion fosse il nome del ragazzo, invece è il nome di un collegio. Un collegio molto particolare dove oltre ad insegnamenti tradizionali, come inglese e matematica, gli allievi devono imparare ad utilizzare l’arco, le spade, a cacciare (loro stessi) e a giostrare.
Marco, Deacon e Helena sono tre studenti, appartenenti a classi sociali differenti: Marco Cinquedraghi è un italiano, riccone figlio di papà, mentre Helena e Deacon (rispettivamente spagnola e irlandese) non hanno tante possibilità economiche e sono costretti a compiere servizi per la scuola per poterla frequentare.
Apparentemente non hanno nulla in comune, se non aver acquisito per diritto di nascita l’ingresso ad Albion. In realtà sono legati da un destino incredibile e “originale nella sua non originalità”. Ma è un destino che non posso e non voglio spoilerare visto che si rivelerà solo nell’ultima parte del libro.
Il punto di vista passa da un personaggio ad un altro (addirittura una volta viene preso in consegna anche da un quarto personaggio Lance… ah Lance …. inutile nascondere che anche io ho subito il suo fascino). Questa questione del punto di vista “saltellante” può lasciar interdetti momentaneamente, però prosegue inesorabile dall’inizio alla fine  diventando una particolarità della narrazione. Inoltre questa tecnica è molto utile ai fini della trama e permette di avere più personaggi “di pari livello”.
I protagonisti li ho amati e odiati tutti prepotentemente (tranne Lance che ho sempre e solo amato). E questo lo metto al primo posto tra quel che ho più apprezzato in questo libro. L’arroganza di Marco è stata anche la mia, la fragilità di Helena è stata anche la mia, il senso di inadeguatezza di Deacon è stato anche il mio. E’ questo che cerco nei libri, è questo il motivo per cui leggo. Per vivere sensazioni ed emozioni oltre quelle che provo “nella vita vera” . Per vivere infinite vite e infiniti “tempi”. E Albion c’è riuscito più che bene.
Ed è stato troppo facile identificarsi in Helena che entra in un archivio con un abbigliamento sportivo. La sua felpa con cappuccio e il suo disagio mi hanno trooooppo ricordato una volta che in pieno agosto mi sono presentata in un archivio con gonna lunga, canottiera, infradito e mollettone nei capelli  e mi sono ritrovata tutta gente in giacca e cravatta, addirittura uno con camicia e maglioncino di filo!! (Dall’altra parte però ho gridato silenziosamente all’eresia per i ricercatori che prendono appunti con la stilografica, visto che l’inchiostro potrebbe macchiare le pergamene e per prendere appunti negli archivi si usano le matite e (spesso) i guanti bianchi. Ma lo ammetto: questa cosa avrà inorridito solo me e forse pochi altri sciroccati). :D
Ma torniamo a Marco: è così reale nella sua simpatia/antipatia. Troppo forti certe espressioni che usa: Stica**i è  una delle sue parole preferite, mi fa fatto letteralmente “spaccare” nonostante io abbia sempre sentito quel “francesismo” utilizzato in modo un po’ diverso ( sinonimo di “e chi se ne importa” :P ). E poi lasciatemi riportare una sua raffinata cattiveria interiore (più da vipera femmina che da aspide però sempre geniale): fu quasi contento di notare che la gonna le si fermava molto oltre il ginocchio, togliendo slancio alla figura, comunque piuttosto bassa (frase rivolta ad una ragazza che gli piace molto. Quanto ho gongolato con lui in quel momento).
Un altro pregio di Albion è l’uso di parole tecniche. Tra le prime pagine si trova un’ottima descrizione del Pantheon (dove viene nominato anche l’opus sectile). Questa frase, ad esempio, l’ho adorata solo per la presenza di lesene e marmi policromi: Lo spazio scandito dalle lesene, dalle colonne e dai marmi policromi, cominciò a muoversi, prima calando a sinistra, poi accelerando la corsa e vorticando infinite volte, quasi a rimarcare il perimetro. Il cerchio. La rotonda.
Questo pregio però a volte diventa un difetto quando ce n’è in eccedenza. Per esempio in un duello di spade si fa un gran elenco di parole tecniche. Inoltre il fatto di metterle in evidenza in corsivo permette all’occhio di “cadere proprio lì”, togliendo ogni emozione al combattimento.
Un altro punto di positività/negatività sono i titoli dei capitoli. I capitoli sono corti e numerosi e questo, per come la penso io, è un enorme pregio (la scusa di “leggere solo un altro capitolo e poi basta” accelera notevolmente la lettura). I capitoli sono 76, quindi c’è una grande varietà di titoli: alcuni sono in inglese, alcuni in latino, altri sono veramente eccezionali (come “del bel paese la dove ‘l si sona”). A volte però i titoli svelano quello che avverrà facendo perdere un po’ di suspance.
Traendo le conclusioni: Albion è un libro consigliatissimo. Ai personaggi ci si affeziona nel bene e nel male. E la storia (e quello che c’è dietro) è molto originale e vi assicuro che vi attirerà come una calamita.
E fin qui sarebbero stati 4 draghi e mezzo. E' mia abitudine però mandare prima la recensione agli autori con cui sono in contatto, per richiedere loro se hanno qualcosa da aggiungere. L'autrice mi ha gentilmente risposto chiedendomi di inserire questo suo commento:


Anzitutto grazie per queste belle impressioni su Albion che hai voluto condividere. Dette da qualcuno che scrive e che si cimenta coi mille problemi legati a questo mi rendono doppiamente felice. Faccio solo una piccola postilla all'uso del francesismo Stica**i
Come hai giustamente notato è un'espressione che tende a sminuire in modo sgarbato un'affermazione o un fatto. Insomma l'equivalente di 'e chi se ne frega?'. Tuttavia c'è un secondo uso, confermato dai romani di Roma che abbiamo consultato, che indica stupore e meraviglia, insomma l'equivalente di 'ma davvero? non ci posso credere?' Oltre che dal contesto, il secondo uso dovrebbe rivelarsi, nel parlato, dall'allungamento della 'a'. Insomma qualcosa come 'sticaaaa**i'
Con Isabella Donato, ma mia 'editor custode' si è discusso se inserire o meno questa 'a', decidendo alla fine di non farlo. Cosa per la quale le sono infinitamente grata.
A onor del vero, questo secondo uso è minoritario e ha fatto storcere il naso ai 'puristi del vernacolo'. ma Avevamo la necessità di connotare in senso regionale la lingua di Marco, visto che tutti coloro che lo incontrano notano che parla male inglese e usa spesso parole incomprensibili. E poiché il romanesco è una lingua molto 'colorata' questa espressione, indubbiamente forte ma non particolarmente scioccante, c'è sembrata un buon compromesso.

Bianca Marconero


Ringrazio l'autrice per questa precisazione,  e pensare che da romana non ci avevo riflettuto: ma sticaaaa**i, è veramente sinonimo di stupore (anche se io non avrei censurato le aaa).
Orbene, le parole di Bianca qui sopra mi hanno fatto comprendere di più del perché a me piace chiedere il punto di vista degli autori, se posso. Sono convinta che ogni parola dei propri libri, seppur sbagliata, o eccessiva, o soggetta ad eventuali critiche,  debba essere ponderata e non essere frutto del caso. In questo caso l'accuratezza dell'autrice nel ricercare parole in dialetto romanesco (e anche il fatto di essersi scusata privatamente per la stilografica anche se non c'era la necessità) ha fatto innalzare il voto di mezzo punto! Dunque...

5 draghi per il signor Cinquedraghi!



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